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6 giugno 2006

Il mercato del lavoro in Cina... cari italiani non lamentiamoci!


In Italia ci si lamenta quotidianamente della scuola e mercato del lavoro: flessibilità, precarietà, laureati senza impiego, ecc., ecc.

Ma altrove com' è la situazione?
In Cina, divenuta da poco sesta potenza mondiale (superando proprio l'Italia), la situazione è drammatica.
Nonostante il PIL cresca del 10% annuo (contro il nostro 1,5%), il governo cinese ha pubblicato un rapporto in cui si legge che sui neolaureati sfornati dalle facoltà cinesi nel 2006 - 4,13 milioni in tutto - il 60% è destinato a non trovare un lavoro quest'anno, e forse neanche il prossimo. Sul mercato infatti ci sono solo 1,6 milioni di posti che corrispondono alle loro attese, alle loro qualifiche, ai loro titoli di studio. La situazione peggiora a vista d'occhio. Già nel 2005 una maggioranza dei neolaureati non ha trovato un posto e molti di quei disoccupati intellettuali sono ancora sul mercato, a far concorrenza ai nuovi arrivati del 2006.

Inoltre le rette universitarie sono care rispetto ai salari medi: una famiglia deve pagare almeno mille euro all'anno per l'iscrizione ai corsi, e la cifra può lievitare fino al decuplo per chi riesce a essere ammesso nelle superfacoltà di élite di Pechino e Shanghai. I genitori e spesso anche i nonni investono i risparmi di una vita nell'istruzione dei giovani. (consideriamo che il salario medio di un cinese varia tra i 100 e i 400 euro al mese).

I giornali locali dedicano ampio spazio al nuovo fenomeno della disoccupazione intellettuale ed evocano un incubo per il ceto medio urbano: che milioni di giovani laureati finiscano per essere costretti ad accettare mestieri operai, ricadendo nello status sociale inferiore da cui speravano di sfuggire. Anche quei giovani fortunati che riescono a trovare un impiego devono spesso rassegnarsi a stipendi modesti. La busta paga media di un neolaureato contiene appena 198 dollari al mese, poco più dei 194 dollari di due anni fa, mentre nel frattempo il costo della vita è cresciuto ufficialmente del 6%.

Pechino adesso teme l'ira dei giovani istruiti molto più delle rivolte contadine. Non a caso il governo in questi giorni di esami ha diramato nuove direttive alle università perché rendano ancora più selettivi gli accessi. Verrà inasprito il "numero chiuso" per non alimentare aspettative irrealistiche e per non allargare l'esercito della disoccupazione intellettuale.

E noi che ci lamentiamo tanto della nostra scuola... ricordatevi...

TUTTO IL MONDO E' PAESE !


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1 commenti:

Alessandra ha detto...
 

dal 1° Gennaio entrerà in vigore una nuova legge sul lavoro, ma non so se servirà a risolvere i problemi che hai esposto
filippo
http://studioosti@blogspot.com


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