La capacità di innovazione nelle aziende quasi sempre non va di pari passo con l'evoluzione tecnologica, con gravi danni sia a livello di produttività che di soddisfazione delle persone.
Anche il telelavoro è purtroppo coinvolto in questo ritardo culturale.
La maggior parte delle professioni oggi utilizza un computer per lavorare e tantissima gente passa dalle 4 alle 10 ore al giorno davanti ad un terminale e accanto ad un telefono, a volte senza quasi rivolgere la parola ai colleghi. Nel 2010, con connessioni internet disponibili quasi ovunque, ancora siamo costretti quotidianamente a percorrere il tragitto casa-lavoro-casa, impiegando tempo prezioso (dai 30 ai 120 minuti) in mezzo a clacson impazziti, smog, pioggia, treni ed autobus perennemente in ritardo e strapieni di uomini e donne che avrebbero il nostro stesso desiderio: poter lavorare da casa.
Secondo un recente sondaggio condotto da Cisco, la maggior parte dei lavoratori, Italia compresa, sarebbe disposta a ridursi la busta paga di un 10% pur di poter operare in remoto da casa (leggete la tabella qua accanto). Quali vantaggi immediati ci sarebbero?
- Riduzione dell'inquinamento nell'aria
- Maggiore tempo a disposizione per il lavoratore
- Incremento della produttività
- Minori costi per l'azienda
Dati come assiomi i primi 2 punti, a chi contesta la terza affermazione rispondo dicendo che l'impiegato dovrebbe essere giudicato sulla base dei risultati e degli obiettivi raggiunti e non su quanto tempo passa seduto alla scrivania, magari leggendo il giornale. La possibilità di organizzare l'orario di lavoro secondo i propri impegni (portare un figlio a scuola, andare in palestra, ecc.) ed i personali bioritmi (ad esempio, maggiore rendimento nelle ore notturne) nel lungo periodo non può che aumentare la produttività del lavoratore. Tutto questo è valido purché ci sia un controllo da parte dei responsabili preposti.
Il quarto punto è difficilmente smentibile: se il dipendente rimane a casa propria, l'azienda risparmierà sui costi di affitto, elettricità, acqua, riscaldamento e buoni pasto. Ecco perché mi sembrerebbe anche illogico proporre od imporre una riduzione di stipendio a chi chiedesse di utilizzare il telelavoro; sarebbe anzi giusto un aumento della retribuzione.
Tra l'altro, personalmente sarei favorevole ad un giorno a settimana in azienda per confrontarsi con i colleghi, portare copie cartacee da archiviare o far firmare o attività correlate.
Il problema maggiore però è la cultura del lavoro: si pensa che solo stando alla scrivania, in uno spazio di 2 metri quadrati, si possa essere produttivi. Non è così. Qualcuno all'estero lo ha già capito, ma finché le aziende italiane non adotteranno questa nuova concezione , continueranno ad essere il fanalino di coda dell'economia mondiale e gli italiani un popolo sempre più infelice, alla faccia del PIL.
Sarei curioso di conoscere la vostra opinione, che siate lavoratori o datori di lavoro.
4 commenti:
Ma in Giappone sono in 90% in totale?? AHAHAH!!!
Eheheh... ottima osservazione, mi era sfuggita!
Bisognerebbe chiederlo a chi ha elaborato i dati...
Mi congratulo con l'anonimo che ha colto quella imprecisione nelle tabelle,segno di cervello ben funzionante....Per il resto condivido l'opinione del blogger,ma in Italia i parametri di valutazione di un lavoratore ,chissà perchè,spesso prescindono dalla produttività !
Petro, purtroppo hai ragione. In Italia produttività fa rima con raccomandazioni e compromessi.
Ogni tuo commento è gradito, possibilmente lasciando un nome/nickname ed evitando volgarità gratuite: